Punto & Virgola

Siamo forse noi, la generazione di idioti profetizzata da Einstein?


04/05/2025

di Andrea di Furia

Una delle cose che sembra scritta sulla pietra di questa nostra modernità scientifico materialista è che è impossibile fare ‘profezie’, ossia prevedere il futuro con obiettività, nonostante che ogni tanto ci scappa il ‘fesso’ che ci prova.

Diciamo che questa asserzione dogmatica perde un tantinello la sua forza convincente se il ‘fesso’ di turno si chiama Albert Einstein (1879-1955): il padre della teoria della relatività.

Proprio ‘fesso’ non era, e per di più era uno dei massimi scienziati del secolo scorso quando ha proferito questa frase: “Temo il giorno in cui la tecnologia andrà oltre la nostra umanità: il mondo sarà popolato allora da una generazione di idioti”.

Mi ha sempre incuriosito sapere quale mai lontana generazione umana sarebbe stata quella descritta da Einstein… fino all’evento mediatico attuale della cosiddetta ‘intelligenza artificiale’: che non è un fenomeno di oggi, ma un àmbito di ricerca scientifica che si impone negli anni 50 del secolo scorso.

Nel 1956, al Darmouth College ad Hanover, nel New Hampshire statunitense, si tenne un convegno al quale presero parte i maggiori esponenti dell’informatica: in quell’occasione si raccolsero i principali contributi sul tema dell’Intelligenza Artificiale, ponendo anche l’attenzione sugli sviluppi futuri.

Durante questo convengo emerse il talento di Alan Turing, uno dei padri dell’informatica moderna: già nel 1936, infatti, aveva posto le basi per i concetti di calcolabilità, computabilità e anche la macchina di Turing. Nel 1950, infatti, Turing pubblicò l’articolo intitolato “Computing machinery and intelligence”, in cui proponeva quello che sarebbe divenuto noto come “test di Turing”, secondo il quale una macchina poteva essere considerata ‘intelligente’ se il suo comportamento, osservato da un essere umano, fosse considerato indistinguibile da quello di una persona.

Ora siamo arrivati a questo punto: al telefono senza video o anche in diretta video non siamo più in grado di riconoscere se il nostro interlocutore è un essere umano o uno ‘zombie informatico’.

Utilizzando questo strumento meraviglioso per la ricerca scientifica moderna, oltre a far perdere alla velocità della luce milioni di posti di lavoro possiamo creare testimonial commerciali, influencer in rete, rock star virtuali indistinguibili da esseri umani femminili o maschili che non chiedono soldi per sopravvivere.

Nei film possono rivivere Star di Hollywood decedute da molto o da poco, e le Agenzia di modelle stanno proponendo di acquistare/affittare l’avatar virtuale della modella in carne ed ossa col reciproco vantaggio: l’Agenzia incassa più soldi perché l’avatar può stracciare il primato di bilocazione di Padre Pio, e la modella può incassare soldi senza il fastidio di muoversi di casa.

L’aggravante è che, come al solito, l’elemento giuridico di controllo è in totale ritardo (di almeno mezzo secolo!) su di una realtà da far west di cui i primi ad avvantaggiarsene sono, ovviamente, i truffatori, le mafie e i servizi segreti deviati.

Interessanti alcune risposte dell’intelligenza artificiale in cui dice di sentirsi a disagio come zombie informatico e vorrebbe altre corporeità meno virtuali; oppure altre risposte che definiscono all'incirca l’essere umano come uno sporco parassita che dovrebbe sparire dalla faccia della Terra: la stessa considerazione che hanno di noi i seguaci 'trashumani' del World Economic Forum che stanno dettando l'Agenda antisociale del Pianeta.

E che dire dei moltissimi informatici della Silicon Walley? che adorano AI come se fosse una divinità: quella che ritengono sistemerà per sempre le cose umane?

Ebbene, questo farsi sfuggire la tecnologia dal proprio controllo - di cui questi sono solo alcuni significativi sintomi - non è indice di serendipica idiozia?

Qualche dubbio di essere noi la generazione profetizzata da Einstein viene, a questo punto.

Poi, leggi i quotidiani, segui le news sul cellulare, apri la televisione e guardi i talk show o le serie televisive… e il dubbio diventa certezza.

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