Riflettiamoci: il nostro è davvero “il sistema migliore possibile”?
12/07/2021
di Andrea di Furia
Quando ci si addentra in una riflessione fatta con la nostra testa sull’attuale Società umana si scopre invariabilmente che ogni dichiarata speranza di una vita migliore naufraga di fronte alla realtà sociale. Questo non è un “piccolissimo difettuccio” del sistema sociale attuale, ma si riscontra (pur nelle mutate condizioni degli ultimi 3 secoli) in ogni generazione che ci ha preceduto: quella dei miei genitori, quella dei nonni, quella dei miei bisnonni e così retrocedendo fino alla Rivoluzione francese.
Se poi si chiedono lumi in giro (saggi, romanzi, corsi universitari e master, rete ecc.) si ottiene quasi sempre questa risposta: Sì il sistema sociale fa davvero schifo, ma è il miglior sistema possibile.
Con ciò i tuoi interlocutori ti hanno dato una risposta che non sei in grado di confutare, ma che in realtà è una rinuncia a rispondere. E invece di vederli avviliti o arrabbiati con se stessi per non essere riusciti a dare una risposta, scopri invece che sono tutti soddisfatti per di esserci arrivati prima di te: dal momento (pensano) che se non ci sono riusciti loro è impensabile che tu (tu nel senso di qualsiasi altro) ci riesca.
Perciò i tuoi interlocutori ti stanno dicendo che è impensabile una realtà sociale diversa: che volente o nolente devi subire quella presente, ereditata dalle generazioni passate, e rassegnarti a cogliere quello scarso 10% di buono che in questo “schifo” sorprendentemente si è comunque prodotto. Sei condannato a sopportare masochisticamente il 90% di cose che non vanno nelle 3 dimensioni: Economia, Politica e Cultura.
Questo è un pensiero - scientificamente dimostrabile, osservando la visibile mancanza di alternative - che ha però un effetto paralizzante e negativo: nessuno pensa più al sistema sociale (dogmaticamente presupposto come immodificabile nel suo complesso, proprio perché troppo complesso) e tutti pensano a dover cambiare qualcosina qui, qualcosina là. E tuttavia il sistema sociale continua peggiorare, generazione dopo generazione: aumenta la precarietà della vita sociale anche se, ora, si è orgogliosamente dotata di smartphone.
Le poche cose positive - ma neppure dopo decenni portate a compimento, una per tutte pensiamo alla parità di genere - sono solo eccezioni che confermano la regola: il nostro sistema sociale da tre secoli “fa schifo” anche se l’economia è diventata mondial; anche se le guerre militari si sono “evolute” in operazioni di peace keaping o in embarghi commerciali; anche se l’ipotesi di una Democrazia come potere al Popolo (sottratto alle elite nobiliari ghigliottinate) si è rivelata un’illusione irrealistica di fronte al fatto che il potere politico oggi è caduto in mano ad altre elite: alle Caste partitiche e ai Lobbisti internazionali… come ci evidenzia ogni giorno di più il tormentone H24 dell’epidemia multivariante del Cov-Sars-2 (ormai per gli amici Covid-19) già alla sua quarta ondata.
Come possiamo uscire da questa spirale negativa masochistica? Solo pensando un diverso sistema sociale. Ma il solito pensiero sociale è passivo, debole, paralizzato. Ci sono integratori (come la vitamina B12 per la stanchezza intellettuale) anche per il pensiero sociale? che possono ricostituire la forza dell'esausto pensiero sociale attuale?
Sì, ci sono. E, a seconda della propria inclinazione o vocazione sociale, sono i propri ideali personali individuali:
- l’ideale sacro culturale che vede l’uomo singolo al vertice del sistema sociale e pone tutte le istituzioni sociali (Stato, Mercato, Scuola) al servizio della sua Libertà culturale, della sua Uguaglianza politica e della sua Fraternità economica;
- l’ideale creativo politico che vede la necessità di tutelare nella Comunità nazionale la serena coesione dell’insieme dei rapporti tra singoli individui, da moderare solo quando minacciano gli altri singoli individui. Cosa che fa dello Stato non il dominus condizionante bensì il servo protettore degli individui che vivono nella Comunità nazionale: Stato facilitatore e garante della serenità di questi rapporti tra individui;
- l’ideale utilitaristico economico che (rispettandolo e prendendosene cura!) vede estrarre dal Territorio-ambiente tutto ciò (materie prime, semilavorati, merci e servizi, logistica ecc.) che serve alla soccorrevole soddisfazione dei bisogni, materiali e spirituali, di chi (Persone singole, Comunità) lo calpesta con i piedi.
Ora questi ideali non li si compera al supermercato, non sono APP dello smartphone. Li si pensa e matura interiormente, come reazione ad una realtà sociale ben osservata da risanare, mediante un pensiero, oggi scientifico, che si basa sulla percezione dei sensi.
E qui possiamo trovare ciò che serve per iniziare a pensare in senso attivo il sociale: per iniziare “a vederlo” grazie a un pensiero concettuale irrobustito dall’immagine corrispondente!
Se penso scientificamente, ad esempio, mi dico che immettendo qualcosa in una palla di gomma vuota questa modifica il suo volume. Vedo una palla sgonfia, la prendo e le immetto dentro dell’aria, poi sto a vedere cosa succede. Così vedo, ho l’immagine del risultato: la palla è gonfia. Questa visione mi ha dimostrato che il mio pensiero è capace di modificare la realtà materiale.
Cosa mi mette concretamente in grado di farlo? Il solo pensare? No. E’ il pensare arricchito dell’immagine di qual è la realtà esistente (vedo la palla sgonfia) e poi il pensare arricchito dell’immagine della realtà risultante (vedo la palla gonfia) dopo la messa in atto del pensiero originario.
Ora, a riprova di quanto detto, immaginiamo di non vedere il risultato. Come rimane il pensiero scientifico? Rimane in un limbo, rimane non dimostrato, rimane un’ipotesi astratta, rimane debole e impotente. Invece, arricchito dalla visione della palla riempita di elio, grazie a quello che vedo il pensiero diventa robusto, concreto.
Adesso applichiamo queste risultanze al sistema sociale: liquidare la questione affermando che pur se “fa schifo” è il migliore possibile non basta: bisogna vederlo (che fa schifo) anche in immagine. Questo è il primo passo per approcciare la situazione sociale esistente.
Abbiamo due scelte:
- la prima va dal particolare al generale. Prendiamo una cosa che non va e partiamo dall’immagine visiva di questa cosa (ad esempio il problema della Donna nella Società umana attuale) evolutivamente ancora con aspetti negativi, addirittura preistorici, e partiamo da qui per cambiare tutto il sistema sociale;
- la seconda va dal generale al particolare. Prendiamo il sistema sociale nella sua complessità economica, politica e culturale, visualizziamo un’immagine che possa rappresentarle questo “schifo globale” e partiamo da qui per cambiare tutto il sistema sociale.
Nel primo caso, tanti sono i possibili approcci iniziali che si possono cogliere ad esempio dai libri. Circa l'esempio proposto, consigliamo di partire dal libro di Michela Murgia Stai zitta, come contenitore di immagini che possono aiutare il pensiero sociale per affrontare con più determinazione ed efficacia la parità di genere.
E’ questa dal particolare al generale una strada percorribile (di fatto la si è sempre percorsa fino ad ora trattando di lavoro, povertà, migrazioni ecc.), ma la storia ha dimostrato che questa è la classica via lunga foriera di continue delusioni: se pensiamo che è dall’inizio del Rinascimento che, grazie a figure femminili eccezionali, l’evoluzione sociale ha iniziato a porsi il problema della condizione femminile. Problema tuttora irrisolto, mutilato nella sua complessità, e attualmente con rischio enorme di regressione a stadi precedenti come dimostrano i crescenti femminicidi.
Nel secondo caso, dal generale al particolare, l’immagine è più impegnativa perché deve contemplare l’intero sistema sociale nella sua complessità ma è anche la via breve ricca di potenziali soddisfazioni concrete. Le immagini riguardo al sistema sociale tridimensionale complessivo sono tante e ne scegliamo una: quella che possiamo condividere anche con i bambini più piccoli, tanto è diffusa nella cultura generale.
Questa immagine è quella che ci fa vedere “quello schifo” che il nostro pensiero astratto ci ha già proposto concettualmente: ma in maniera asettica, molto meno intensa e coinvolgente.
Talmente poco coinvolgente che, di fatto, la struttura del sistema sociale è rimasta invariata da secoli nonostante sia percepita (almeno a livello di sensazione diffusa) come non più adatta alla vita dell'attuale Società umana.
Immaginiamo di vivere in una classica discarica a cielo aperto stracolma di montagne rifiuti urbani indifferenziati, miasmatici e tossici. Quest’immagine del sistema sociale complessivo ci dà sufficientemente il corrispondente senso di schifo? Direi proprio di sì.
Farebbe schifo anche a un bambino delle elementari? dover mangiare la merenda durante una pausa, in una scuola costruita all’interno di una discarica di rifiuti indifferenziati? Farebbe schifo a un bambino, o addirittura noi stessi, fare un pic nic in una discarica dove finiscono i rifiuti urbani indifferenziati più vari?
Direi proprio di sì: è un’immagine azzeccata che corrisponde correttamente al senso di schifo che proviamo riflettendo con serietà sull’attuale vita nel sistema sociale.
Dobbiamo però adeguarla al sistema sociale e, per fare questo, dobbiamo immaginare, al posto dei rifiuti urbani, i rifiuti sociali veri e propri: rifiuti economici (povertà ecc.), politici (burocrazia, ecc.) e culturali (differenze di genere, ecc).
Rifiuti sociali, dunque, che vengono raccolti indifferenziati nella discarica sociale Stato (nella Società liquida politica, dove prevale unilateralmente la dimensione politico-giuridica) o nella discarica sociale Mercato (nella Società gassosa economica, dove prevale unilateralmente la dimensione economico-finanziaria) o nella discarica sociale Chiesa (nella Società solida culturale, dove prevale unilateralmente la dimensione culturale-religiosa). Quest’ultima discarica sociale (la Chiesa) vale solo nei Paesi confessionali, mentre nei Paesi laici come l’Italia va sostituita dalla discarica sociale Scuola.
Ora posso utilizzare questa immagine - prendiamo solo questa, come esempio - e vedere lo Stato moderno come un cassonetto dell’immondizia sociale indifferenziata. Questo ci fa immediatamente capire tante cose sulla realtà sociale, ma in particolare perché la via lunga (ossia partire dalla condizione femminile nella Società attuale attuale per arrivare a modificare la struttura del sistema sociale) è lunga e piena di delusioni.
La condizione femminile, naturalmente, non è un rifiuto sociale bensì un fiore all’occhiello della Società umana. Ma cosa succede a un fiore messo in un contenitore non adatto? Se quel fiore culturale della condizione femminile lo mettiamo nel cassonetto della spazzatura sociale indifferenziata? può forse crescere o piuttosto stenterà ad attecchire, a causa dell’influsso nocivo di rifiuti sociali (culturali, politici ed economici) preesistenti e non smaltiti?
Come prima strada da percorrere – la via lunga, che fino a ora è l’unica via seguita da tutti i riformatori sociali, progressisti e conservatori, andati al potere – è uno sguardo dal basso: ed è stata ostinatamente percorsa anche per tutti gli altri fiori all’occhiello (eliminazione della povertà, lavoro per tutti, assistenza per i più deboli ecc) del pensiero sociale attuale.
E questo ci spiega oggettivamente gli anoressici, mutilati risultati fino ad ora ottenuti. E circa l’impossibilità logico-operativa di qualsiasi risultato positivo importante, per chiunque segua pedissequamente e ostinatamente questa strada all’interno di un sistema sociale che è una discarica indifferenziata, la riassumiamo con l’immagine della ripetitiva, snervante e sterile fatica di Sisifo. Con ciò dovremmo finalmente capire, dopo decenni di delusioni, che è una strada impercorribile… a meno di cambiare il sistema sociale stesso.
La via breve, invece, è proprio quella che ci fa partire dalla complessità del sistema sociale tridimensionale. E' uno sguardo dall'alto. E proprio l’immagine del sistema sociale quale discarica indifferenziata di rifiuti sociali, oltre a suscitare in noi il senso di schifo, ci addita da sùbito cosa fare per cambiare il sistema.
Dobbiamo fare esattamente quello che abbiamo fatto per i rifiuti urbani: passare alla raccolta differenziata del sociale economico, politico e culturale! Dobbiamo cambiare “struttura” al sistema sociale attuale: da monodimensionale (in cui una dimensione sociale spadroneggia incontrastata sulle altre due) a tridimensionale (in cui nessuna delle tre dimensioni sociali spadroneggia sulle altre due).
Qui vediamo l’arretratezza del sistema sociale rispetto al sistema della nettezza urbana. Mentre per il sistema attuale è valida l’immagine della raccolta indifferenziata dei rifiuti sociali (economici, politici e culturali) nel sistema di raccolta differenziata della nettezza urbana siamo avanti secoli, se non anni luce. La nettezza urbana raccoglie generalmente i rifiuti in tre cassonetti dedicati: vetro, umido, carta. La spazzatura indifferenziata (il quarto cassonetto) è un residuo che viene smaltito nelle apposite sedi.
Invece, nel sistema sociale attuale in Italia (la Società liquida, in cui la Politica spadroneggia sulle altre due dimensioni sociali) vediamo che la discarica indifferenziata coincide con il perimetro onnicomprensivo dello Stato. Ci accorgiamo, grazie all’immagine proposta, che esiste solo il quarto cassonetto: quello dell’indifferenziata Stato… che, però, quei rifiuti sociali non li smaltisce da secoli.
Balza agli occhi che la nostra evoluzione sociale immediata (per traghettarci dal senso di schifo ad una sensazione più amena del sistema) deve passare alla raccolta differenziata anche dei rifiuti sociali tridimensionali in tre appositi contenitori dedicati. Quelli che l’evoluzione storica millenaria ci ha già perfettamente indicato: Stato, Mercato e Scuola (nei Paesi laici come dovrebbe essere l’Italia) o Chiesa (nei Paesi religiosi come Stato del Vaticano, Arabia Saudita). E il residuo indifferenziato sociale antistorico, così portato alla luce del sole, può essere finalmente smaltito.
Dunque: lo Stato è il cassonetto esclusivo per differenziare i rifiuti politici; il Mercato è il cassonetto esclusivo per differenziare i rifiuti economici; la Scuola è il cassonetto esclusivo per differenziare i rifiuti culturali.
Questa è l’immagine concreta che riesce facilmente a orientare anche un bambino delle elementari (che peraltro ha già insegnato ai suoi genitori a passare alla raccolta differenziata dei rifiuti urbani) intorno a cosa fare per modificare il sistema sociale attuale.
Immagine-sintesi che ci dà una chiara visione del futuro sociale. Viceversa, l’affermazione che viviamo nel sistema sociale migliore possibile ci disorienta, deprime e paralizza. Questa astrazione concettuale (priva della relativa immagine-sintesi, rispetto a cosa sarebbe migliore?) ci toglie qualsiasi visione del futuro sociale.
Lascio perciò al lettore - avendo come immagine-sintesi di partenza la discarica indifferenziata del sociale tridimensionale (la situazione antisociale e malsana attuale) e come risultato finale l’immagine dei tre cassonetti per la raccolta differenziata del sociale tridimensionale (la situazione sociale e sana da realizzare) – il pensare come cambierebbe in meglio la sua vita culturale quale Persona singola, la sua coesione con gli altri nella vita politica della Comunità nazionale e la soddisfazione delle sue esigenze (materiali e spirituali) di serenità e fiducia nel futuro assieme a tutti coloro che economicamente convivono con lui sopra lo stesso, curato e rispettato, Territorio-ambiente locale, nazionale, mondiale.
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