Pur nel bel mezzo della pandemia ci si incomincia giĆ a interrogare sul dopo, ma con il pensiero sbagliato
29/03/2020
di Andrea di Furia
Dato positivo: molti cominciano finalmente a interrogarsi sul post-epidemia dal punto di vista sociale complessivo - economico, politico, culturale - dopo le maronate (chi le pagherà?) di un Governo sempre alla rincorsa dei fatti che non si è occupato per tempo dei punti focali del contagio (Ospedali, Case di cura) - visto che la letalità riguarda in particolare gli Over 70 oberati da 1 a 3 a tre patologie (cuore, reni, polmoni) di per sé già mortali al netto del coronavirus.
Purtroppo costoro utilizzano ancora quel pensiero scientifico astratto che non è adatto a trattare il sociale tridimensionale complessivo, ma solo a fotografarne le negatività puntuali, isolate dal contesto sociale complessivo: senza perciò avere la minima visione di insieme preventiva. Rammentate?... che nei giorni iniziali del contagio gli Esperti interrogati dai Media erano incerti sull’impatto dell’epidemia rispetto all’economia mondiale? E non sono degli stupidi, sono molto intelligenti. Forse troppo.
Oggi, obbligati dalla realtà dei fatti, sono tutti d’accordo che l'impatto sarà catastrofico. Eppure, se si fosse utilizzato quel pensiero strutturale sociale concreto che ogni volta utilizziamo in questa rubrica per i nostri 4 manzoniani lettori... era già prevedibile da diversi decenni che ogni piccolo problema sociale avrebbe causato un disastro epocale. Di cui molti sono pronti, via via che avvengano, ad approfittersene... e non pensiamo solo alla criminalità organizzata.
Pensare sociale concreto che, viceversa, non rattrappisce se stesso limitandosi a guardare solo al particolare sintomo (il coronavirus) per metterci una pezza, quanto piuttosto si espande a considerare lo scenario sociale intero: culturale, politico, economico. Pensiero concreto che guarda alle invitabili conseguenze negative della forma unidimensionale dei vari sistemi sociali mondiali, italiano compreso, e non alle singole migliaia di questioni sociali da essa stessa forma automaticamente suscitate.
Vi meravigliate forse delle capriole di un Boris Jhonson? Perché? Lo scapigliatissimo Boris utilizza quel pensiero scientifico astratto di cui sopra trattavamo e che usiamo tutti quotidianamente. “Una banderiola al vento” lo definirebbe Sior Todaro Brontolon di goldoniana memoria.
Dicevamo che il dato positivo è che si comincia a pensare al “dopo” coronavirus: cosa che per il pensiero sociale concreto è invece il “prima”! Capite? Proviamo a usarlo insieme… prima di mettere tutti in quarantena.
Prima di muoversi (invece di grattuggiarsi scaramanticamente gli zebedei, sperando nel miracolo o in San Gennaro) si doveva con prudenza e spregiudicatezza prevedere il disastro negli Ospedali (medici, infermieri, caos nei pronto soccorso, gestione del decorso clinico rispetto a casi gravi, medi e meno gravi; attrezzature necessarie anche per l’assistenza a casa) e nelle Case di cura (intasate di ultra Ottantenni con pluripatologie mortali, visto che - questo, purtroppo, è un dato scientifico già acclarato in Cina - il coronavirus sembra quasi fatto apposta per terminarli); si doveva provvedere alle mascherine per gli operatori sanitari; si doveva limitare una comunicazione H24 così infestante che è causa efficiente di attacchi di panico, depressione, ansia, paura: tutti veleni efficacissimi per deprimere il sistema immunitario ed aumentare la mortalità del morbo.
Dunque: adesso il pensiero scientifico astratto è arrivato a interrogarsi su ciò di cui si doveva occupare “prima”. Uno per tutti Ernesto Galli Della Loggia dal Corriere della Sera di sabato 29 marzo: commentatore di cui apprezziamo l’acume e che ci serve solo come spunto.
Galli Della Loggia: «Ma in generale è l’implacabile andamento delle cose che vale a rendere sempre meno sopportabile la chiacchiera vuota, le promesse a vanvera, il partito preso, la mancanza di serietà e di concretezza che si sente in troppi discorsi, a far apparire d’improvviso in tutta la loro mediocrità tanti politici di lungo corso. (…) Avremo bisogno assolutamente di Aria nuova in futuro. È questo che suggerisce con l’eloquente e drammatico linguaggio dei fatti quanto sta accadendo nel Paese. Suggerisce che una volta tornati alla normalità dovremo certamente cambiare qualcosa, e forse più di qualcosa, nel modo d’essere della nostra vita pubblica, della nostra politica, delle regole del nostro Stato».
Se però cercate di capire da questi commenti autorevoli cosa dobbiamo fare per cambiare, qui c’è ancora il buio assoluto: nessuna indicazione oltre all’auspicio. Buio che però si dirada fortemente in chi è capace di pensiero sociale concreto, come ad esempio Novalis che già nel XVIII secolo aveva colto e suggerito in pratica quello che, nel XXI secolo, appena coglie il nostro Commentatore.
Il cui auspicio è realizzabile solo se il sistema sociale è la prima modifica strutturale che viene attuata: passando da un sistema sociale malato a una dimensione prevalente sopra le altre due - l'attuale malsana Società gassosa, in cui la dimensione economica, ha il predominio su quelle politica e culturale - a un sistema sociale sano (l'equilibrata Società calorica tridimensionale) rispettoso dell’autonomia funzionale e paritetica delle 3 dimensioni sociali. Ma vediamo prima i giorni nostri e poi risaliamo di qualche secolo indietro.
Galli Della Loggia: «L’epidemia ha avuto innanzitutto un effetto: ha dato a Conte e al suo Governo un programma. Ricordiamo tutti la penosa condizione d’incertezza, di surplace, e di sospettoso studio reciproco tra le varie forme di maggioranza – con conseguente condizione di immobilismo – in cui ancora a metà febbraio il Governo era immerso: che fare dopo la finanziaria? ci si chiedeva. E come tenere a freno la scalpitante volontà centrifuga di Renzi? (…) D’improvviso, per decidere, non c’è più stato bisogno di trattative, di vertici, bracci di ferro, di tweet e controtweet del primo e dell’ultimo venuto. In sostanza, infatti, sono state (e sono) le urgenze dell’ora a indicare le misure da prendere, mentre i se e i ma dei Partiti della maggioranza sono stati per forza ridotti al minimo».
Paradossale, vero? Il covid-19 ha suggerito il programma di Governo! Ossia solo la più piccola, evidente, isolata e incombente tessera del puzzle sociale è in grado di muovere il pensiero scientifico che anima la buona volontà (coatta) del Governo.
Ma questo è il pensiero scientifico astratto “antisociale” che riesce a malapena occuparsi solo di una singola tessera del puzzle sociale alla volta, per agire. Se però ragioniamo così, forse serviranno altre 5 o 6 pandemie perché il Governo riesca ad occuparsi anche di economia (facilitazione della circolazione delle merci sul Territorio), di politica (aggiornamento, non indebolimento, della tutela dei diritti e doveri nella Comunità nazionale) e cultura (sviluppo dei talenti e delle qualità delle Persone): ossia del sociale tridimensionale concreto e sano che serve.
Ma quello che dovremmo cogliere, nelle parole di Ernesto Galli Della Loggia è la sua deprecazione dell’immobilismo dei politici. Cosa serve, allora, per eliminarlo? Serve smettere di dare tutto il potere al Parlamento (sottomesso al reciproco ricatto dei Partiti) e darne una parte anche al Governo. Con il linguaggio in uso ai suoi tempi (siamo nel XVIII secolo!) è questo che suggeriva Novalis nel suo Frammento n. 950.
Novalis: «Verrà un giorno, e verrà presto, in cui tutti saranno persuasi che il re non possa sussistere senza repubblica, né una repubblica senza re, che l’uno e l’altra sono cosí indivisibili come corpo e anima, e che un re senza repubblica e una repubblica senza re sono soltanto parole senza significato. Perciò con una vera e propria repubblica è sempre sorto contemporaneamente un re e con un vero re una repubblica. Il vero re sarà la repubblica, la vera repubblica il re».
E vediamo come già Novalis aveva compreso e suggerito la soluzione che (speriamo) troveremo, da ora in poi, appena passati dall’attuale malsana Società gassosa monodimensionale antisociale... al sistema sociale sano che chiamiamo Società calorica tridimensionale, di cui l'anno scorso ci auguravamo la veloce istituzione nel 2020 ben prima che il coronavirus fosse quello spettro troppo pompato che oggi appare.
Per capirci al minimo sindacale: dobbiamo fare in modo che il Potere esecutivo (il Re di Novalis) abbia la possibilità di coesistere con il Potere legislativo (la Repubblica di Novalis), ma questo è possibile solo quando la dimensione economica (il Mercato) ha una sua autonomia funzionale (nella circolazione merci e servizi sul Territorio) dai poteri legislativo, esecutivo, giudiziario esercitati nella Comunità nazionale (lo Stato); e la stessa autonomia funzionale (nello sviluppo talenti e qualità delle Persone) viene accordata pariteticamente anche alla dimensione culturale (la Scuola).
Ma è difficile che questo suggerimento di buon senso, rispetto alla presente struttura antisociale monodimensionale (l'Economia) predominante del sistema attuale, sia colto oggi da un pensiero scientifico che procede sempre e solo a chiudere la stalla sociale dopo che sono scappati i buoi: da un pensiero quotidiano che non riesce mai a vedere in anticipo il rovescio della medaglia in ogni sua azione... solo apparentemete sociale.
Facile vederlo prossimamente balbettare alle prese, in ritardo, con le tensioni sociali (aumento povertà, assalti ai supermercati) suscitate come effetti collaterali direttamente dalle misure prese: che a priori e sotto la spinta della paura sembrano razionali e corrette… ma non lo sono.
A posteriori (quel “dopo” che, va rammentato, per il pensiero sociale concreto è il “prima” da considerare) queste misure verranno etichettate dai fatti reali come un disastro evitabile, o almeno riducibile ai minimi termini.
Un tragico "dopo" assai prevedibile che, purtroppo, nell’attuale malsana Società gassosa a traino economico-mercantile è in realtà molto più vicino nel tempo di quanto i Parlamenti con il loro cadaverico immobilismo e i Governi mondiali con il loro terroristico attivismo ritengano "scientificamente" possible.
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