Punto & Virgola

Nate nell'"Ora et labora", le città post-moderne muoiono nel "Labora et orba"

Città, Megacittà e Megalopoli come sintomo della degenerazione crescente del nostro sistema sociale “a 1D”


26/02/2017

di Andrea di Furia

Esempi nella storia della fecondità progressiva della strutturazione “a 3D” del sistema sociale ce ne sono stati, ma solo per un pensare che non sia unilaterale, ovvero “a 1D” come il pensare degli economisti, dei politici, dei professori, dei sociologi degli ultimi 2 secoli. Il pensare di tutti coloro che in nome del progresso (!) ci hanno portato dalle Città Rinascimentali alle smisurate Megacittà e Megalopoli moderne.

Tra pensare in 3D il sociale e pensarlo a 1D, come purtroppo è l’andazzo inosservato, c’è la stessa differenza che tra un film e un dagherròtipo: di cui il pensare a 1D mantiene le caratteristiche di fragilità, non riproducibilità e, soprattutto, di pericolosità per la salute umana.

Questo pensare a 1D, infatti, se deve definire positivamente il progresso umano sempre più fa riferimento a quello "tecnologico-finanziario". E se guarda alle Città valorizza in esse la grande concentrazione di risorse economiche, finanziarie, tecnologiche e umane; e le  vede come un ambiente culturale e sociale in espansione. Espansione che in realtà richiama alla mente la proliferazione delle cellule cancerogene.

Questo pensare a 1D non si avvede di cogliere una realtà solo sognata, ipotetica, astratta e illusoria, mentre il pensiero sociale a 3D esce da questa allucinazione pseudo-ottimistica per cogliere (in ogni malsana unilateralità settoriale del sociale) il seme, l’impulso a una sana strutturazione tridimensionale del sistema.

Per trovare Megalopoli e Megacittà - un evidente risultato negativo dell’attuale sistema sociale malato a 1D, salvo per pochissimi - dobbiamo uscire dall’Italia, dato che per Megacittà (passaggio intermedio verso le Megalopoli) si intende un alveare umano di minimo 10 milioni di persone: un sesto dell’Italia in una sola Città!

Pensate a Roma (ca 4,3 milioni di persone) - però tenendo a mente anche tutti i suoi problemi - moltiplicatela per 8 e avete Tokio (34 milioni di persone).

Una megalopoli, poi, è un aggregato di aree metropolitane: ad esempio Il governo cinese vuole fondere nove città e costituire, sul Fiume delle Perle, una megalopoli con 42 milioni di abitanti (2/3 della popolazione italiana).

E in questo malsano urbanismo macrosòmico, sempre in Cina (a Changsha nello Hunan) a chi già parla con orgoglio del Grattacielo più alto del Pianeta - 220 piani costruiti in 3 mesi (!) per 838 metri di altezza, capace di ospitare 30.000 inquilini - si è aggiunto (a Chengdu capitale del Sichuan) il New Century Global Centre che a detta dei proprietari: “Inaugura l’era delle strutture da cui non occorre uscire mai per essere felici”.


È il concetto futuro della casa: un Condominio-città da 300.000 abitanti! Lungo 500 metri, largo 400 e alto 100 (!), la superficie calpestabile misura 1 milione e 760 mila metri quadrati (68 volte San Pietro a Roma), il giardinetto interno 400 mila mq. Una vera meraviglia moderna: è il progresso inarrestabile gente! Non è fantastico?

Se però pensiamo a come si vive nei Condomini in Italia e ci immaginiamo in quell'alveare alto 100 metri assieme agli altri 299.000 condòmini, dal quale non si uscirà mai… l’iniziale ammirazione può velocemente tramutarsi in puro terrore.

Fenomeno, quello del'inurbazione, che è ingigantito in progressione geometrica: nel 1800 solo il 3% della popolazione mondiale (qualche striminzito milione di persone) viveva nelle Città. Adesso siamo circa al 47% (fanno 3,5 miliardi di persone) e nel 2030 si prevede di arrivare al 60% (oltre 4,5 mld).

E se nel 1950 si contavano solo 83 città con più di un milione di abitanti, nel 2007 erano già 468. E in questa classifica - riportata da Cosa sono le Megalopoli di Roberto Giovannini su La Stampa del 2011 - Milano è in 76ma posizione, Napoli è 88ma, Roma soltanto in 121 ma posizione. Rammentiamo, tuttavia, che i dati sono solo indicativi della tendenza perché sono passati già 6 anni da allora.

Come vedete, il pensare scientifico astratto a “1D” è solo capace di “misurare” ed entusiasmarsi per una realtà che solo sogna e non comprende. Viceversa il pensiero sociale “a 3D” la comprende molto bene, ed è capace di cogliere espressioni e impulsi verso la tridimensionalità strutturale in ogni unilateralità settoriale del sociale malato di oggi. Così come nella storia umana di ieri.

E una delle rarissime eccezioni in cui la tridimensionalità strutturale appare ed è feconda di impulsi e sviluppi evolutivi (di cui noi Europei abbiamo goduto fino a pochi decenni fa) possiamo incontrarla nel primo terzo del VI secolo d.C., quando Benedetto da Norcia fonda nel 529 il Monastero di Montecassino.

Conosciamo tutti il suo motto Ora et labora: ignoriamo però la sua dinamica realtà tridimensionale dal punto di vista sociale.

Diversamente da oggi che nel sistema sociale il “contenitore strutturale” (ossia l'istituzione Stato) è a 1D, mentre le idee fondanti il sociale moderno (Economia, Politica e Cultura) sono a 3D… a Cassino e nei successivi Monasteri dell’Ordine benedettino il “contenitore strutturale” (ossia l'istituzione Monastero) e le idee fondanti quella realtà medievale (il motto universalmente conosciuto) si corrispondono perfettamente: entrambi sono a 3D.

Partiamo dal motto Ora et labora e osserviamolo dal nostro abituale punto di vista:
Ora si rivolge correttamente alla dimensione culturale che ha per soggetto la Persona e i suoi talenti; labora si rivolge correttamente alla dimensione economica che ha per soggetto il Territorio e le sue risorse; et - nella sua specifica natura grammaticale di congiunzione - si rivolge a ciò che congiunge le altre due dimensioni e i rispettivi soggetti: ossia alla dimensione politica il cui soggetto vero è la Comunità, con i suoi diritti e doveri.


Afferrato questo, la concreta traduzione del motto benedettino diventa: Prega, vivi assieme agli altri, lavora.    E, coerentemente con ciò, in quel sistema sociale a 3D la vita monastica imperniata sulla Comunità dei Monaci costituiva il solido centro su cui si innestavano sia la vita interiore di preghiera e meditazione, sia la vita esteriore lavorativa agricola e artigianale.

Con la Comunità dei Monaci veniva superato il precedente modello culturale del Monaco eremita che fondava comunità appartate, escludentisi dal Mondo, per dedicarsi solo alla preghiera. A Montecassino, viceversa, si consentiva alla vita monastica di socializzare, di rapportarsi verso l’esterno, di non escludersi dal Mondo.

Così i Monasteri benedettini diventarono centri culturali di vita religiosa, artistica e scientifica e al tempo stesso palestre di vita in comune; mentre le attività agricole e artigianali dei Monaci portavano in sé il seme di una nuova responsabilità economica: la cura del Territorio. Oggi completamente disattesa.

E la struttura tridimensionale del Monastero – le celle singole per la preghiera, i luoghi della vita in comune (pasti e riti) e gli orti e i laboratori all’esterno – diviene il modello strutturale dei Comuni medievali, a loro volta base storico-culturale delle nostre ormai decadenti Città post-moderne.

Dalla fondazione dell’Ordine benedettino ad oggi sono passati XV secoli, e non neghiamo che molte meraviglie culturali, politiche ed economiche si siano realizzate. Tuttavia mai, in questo periodo, si è risvegliata negli uomini la consapevolezza della negatività infeconda della centralizzazione strutturale del sistema: della “strutturazione sociale” a 1D. E neppure, si direbbe ora, dell’urgente necessità di un immediato upgrade a 3D del sistema sociale a 1D in cui viviamo.

Necessità di strutturazione sociale a 3D che non dev’essere più “istintiva” o “ispirata” come probabilmente fu in Benedetto, bensì consapevole. Altrimenti, causa la “destrutturazione sociale” costante del sistema attuale, il rovesciamento di ogni cosa, anche positiva, è inevitabile.

E lo vediamo osservando che persino il motto benedettino si è oggi rovesciato. Se siamo onesti con noi stessi non possiamo più rilevare l’Ora et labora, bensì il Labora et orba: questo è il motto - la "b" aggiunta ci vuole - che guida i nostri passi nel sistema sociale attuale.

Labora si rivolge in maniera rovesciata alla dimensione economica in cui il Mercato del lavoro invece di essere al suo servizio rende schiavo l’uomo… se questo non intende suicidarsi preventivamente e vuole dispettosamente sopravvivere;
orba (voce del verbo orbare che significa perdere, perdersi) si rivolge in maniera rovesciata alla dimensione culturale che deresponsabilizza e rende passivo l’uomo, facendo sì che si perda in quel Paese dei balocchi di Pinocchio (politico o economico che sia) che sponsorizza per mancanza di contenuti autonomi;
et rovesciatasi in disgiuntiva (!) si rivolge alla dimensione politica, e più precisamente a ciò che in essa impedisce il corretto rapporto con le altre due dimensioni e i rispettivi soggetti: ossia alla soffocante burocrazia che ha rimpiazzato la Comunità dei Cittadini, ormai utilizzata solo come “app” elettorale, con quella rissosa dei Partiti.

Se osservate nell’Ora et labora di Benedetto da Norcia operava un seme evolutivo, mentre nel Labora et orba in cui proliferano gli speculatori alla Soros aleggia un sentore di degenerazione involutiva.

Nel primo motto il soggetto è sempre l’uomo, nel secondo lo sono solo astrazioni meccaniche vuote di pensiero ma purtroppo piene di violenza brutale. Astrazioni puntualmente rilevate da Luciano Gallino e Zygmunt Bauman: il Mercato predatorio degli speculatori ormai divenuto il contenitore strutturale planetario del nostro attuale sistema sociale malato; il decaduto Stato autoreferenziale dei Partiti e l’imbelle Scuola dei somari.

Questo è avvenuto, e peggiorerà nel tempo, se non si persegue l’unica soluzione possibile e concreta: modificare la strutturazione del sistema sociale attuale portandola da 1D predominante sulle altre due (oggi l’Economia) a 3D autonome e sinergiche tra loro.

Solo separando la vita della Scuola da quella dello Stato e del Mercato, solo passando da 1 “contenitore strutturale” indifferenziato (ossia un solo contenitore per tutte e tre le dimensioni sociali) a 3 “contenitori strutturali” differenziati (uno specifico per ogni dimensione sociale) possiamo risanare il nostro sistema. Rendendole finalmente tutte e tre, dopo 7000 anni, reciprocamente autonome. E perciò finalmente cooperative e non più autoreferenzialmente competitive per uno sterile predominio sociale che finisce per escludere l'uomo.

Libera e autonoma Scuola, in Stato autonomo e in Mercato autonomo anch’esso sono un modo qualitativo di definire i tre contenitori specifici. Tuttavia - restando in questo modo separati tra loro ma con identico potere discrezionale in relazione alla specifica funzione svolta (come lo sono tre Stati sovrani, ad esempio) - la sinergica attività di questi tre istituti chiave dimensionali, ora finalmente orientati a vantaggio degli amministrati e non dei gruppi di potere, è un altro modo concreto di caratterizzare la Società tridimensionale dei tempi nuovi: che vuole istituire il triplice contenitore strutturale di un sistema sociale che sia sano per l’uomo moderno.

Infatti l’uomo è diventato moderno perché in questi 7 millenni ha partecipato all’emancipazione delle le tre dimensioni sociali classiche. E in questa sua fase evolutiva epocale richiede una “strutturazione sociale” a 3D, capace di favorire non la sua schiavitù economica, non la sua sudditanza politica e non la sua dipendenza culturale – come sta avvenendo nel mondo della “destrutturazione sociale” (il Paese di Acchiappacitrulli, direbbe Collodi) ossia nel nostro malato sistema sociale attuale strutturato a 1D - bensì la sua stessa triplice emancipazione ora in atto: come Singolo individuo consapevole, come attivo appartenente al suo Popolo, come responsabile rappresentante dell’Umanità.

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