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Il maxi-nazionalismo europeo ci sta trascinando verso la guerra mondiale

Kalergi voleva evitare le guerre: l’Europa unita sta preparando la prossima


17/11/2025

di Giuseppe Rizzo


Richard Nikolaus von Coudenhove-Kalergi, aristocratico austro-giapponese e padre spirituale del progetto paneuropeo, immaginò un continente capace di superare i nazionalismi che avevano insanguinato il Novecento. La sua visione era semplice: togliere potere agli Stati, eliminare le rivalità geopolitiche interne, costruire un’entità sovrana superiore che garantisse pace e stabilità.
Kalergi apparteneva a un’élite cosmopolita che guardava all’idea di nazione come a un ferro vecchio da superare. Voleva disinnescare il patriottismo europeo annullandolo in una struttura più grande.
Ma è proprio qui che nasce la contraddizione più esplosiva del nostro tempo.
Perché chi ha raccolto la sua eredità intellettuale non ha costruito un’unione di Stati liberi, come spesso raccontato nelle narrazioni ufficiali. Ha costruito un grande Stato, centralizzato, verticistico, che pretende di parlare a nome di 27 nazioni diverse, imponendo regole, vincoli economici e scelte geopolitiche uniformi a popolazioni che uniformi non sono.
Altro che superamento dei nazionalismi: si è creato un maxi-nazionalismo sovranazionale, un’identità politica artificiale che chiede agli Stati di allinearsi a una linea comune, spesso in contrasto con i loro interessi fondamentali.
Il risultato è il contrario di ciò che Kalergi aveva promesso: non meno conflitti, ma più tensioni.
Non meno rivalità, ma più fratture.
Non la fine del nazionalismo, ma la nascita di un nazionalismo più grande, più ideologico e molto più pericoloso: quello dell’Europa come blocco politico.
E i blocchi politici, nella storia, generano inevitabilmente conflitti con altri blocchi.
Ed è esattamente ciò che sta accadendo oggi.
L’Europa, che avrebbe dovuto prevenire le guerre, si ritrova invece coinvolta — de facto, politicamente e militarmente — nel conflitto più grave dal 1945: la guerra in Ucraina. Una guerra in cui il vecchio nazionalismo degli Stati europei non c’entra quasi più niente, perché a guidare la linea politica e militare non sono più le sovranità nazionali ma la logica di blocco.
La stessa logica che Kalergi vedeva come antidoto al conflitto si sta rivelando il suo motore.
La centralizzazione europea non ha spento le tensioni: le ha ingigantite.
Ai singoli Stati è stato sottratto lo spazio di mediazione, la capacità di decidere la propria politica estera, la propria postura militare, la propria relazione con Russia, Cina o Stati Uniti. E quando gli Stati perdono la sovranità, i conflitti non diminuiscono: aumentano, perché diventano conflitti di blocchi, non di popoli.
Se davvero si volesse ridurre il nazionalismo, la soluzione sarebbe esattamente l'opposto di quella che è stata perseguita per settant’anni:
restituire sovranità agli Stati, ridare loro la possibilità di dialogare, cooperare o dissentire senza dover seguire una linea centralizzata.
Perché un’Europa trasformata in una grande nazione — con le sue bandiere, i suoi dogmi, le sue politiche obbligate — non è meno nazionalista degli Stati che ha voluto annullare. È semplicemente un nazionalismo più grande, più rigido, più conflittuale.
Ed è proprio questa architettura sovranazionale, non i vecchi nazionalismi europei, ad aver trascinato il continente dentro una spirale di tensione con la Russia e i suoi alleati. Una spirale che sempre più analisti considerano il preludio a una crisi globale senza precedenti.
Non è il patriottismo dei singoli Paesi ad averci condotti qui: è la logica dei blocchi, quella che Kalergi immaginava come soluzione ma che, nella realtà, si sta rivelando esattamente il problema.
Se davvero si vuole la pace, allora bisogna avere il coraggio di riconoscere ciò che finora è stato taciuto:
il maxi-Stato europeo non ha eliminato il nazionalismo — lo ha amplificato.
E restituire autonomia ai singoli Paesi potrebbe essere non un ritorno al passato, ma l’unica via per evitare che questo grande esperimento finisca per accendere un incendio che nessuno potrà più spegnere.

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