Punto & Virgola

Globalizzazione e America First non sono così in contrasto come si crede

La legge della coperta corta tra Estremoccidente ed Estremoriente


22/10/2017

di Andrea di Furia

A luglio 2017 la capitalizzazione delle Borse ha superato il PIL mondiale: come dire che le vincite al Casinò globale hanno superato la regolare circolazione di merci e servizi. Poco meno di 77 trilioni di $ il PIL mondiale 2017, e poco più di 77 trilioni di $ il valore globale delle azioni quotate sui mercati finanziari (77,7 trilioni di $). Un dato straordinario soprattutto se paragonato al valore che le azioni esibivano a fine 2008, nel bel mezzo della crisi finanziaria culminata con il collasso di Lehman Brothers: allora la capitalizzazione cadde a 31 trilioni di $, il 60% in meno dei valori attuali, e il PIL mondiale viaggiava sui 57 trilioni di $.

Che questo sia un bene o un male lo vedremo presto, certo che dopo nove anni consecutivi di rialzi tutto ciò sa di bolla finanziaria. E queste bolle nell’attuale Società gassosa (a trazione tirannica finanziaria) sono decisamente esplosive: rammentiamo che pure nel 2007 si è verificata la stessa costellazione: anche allora le Borse-casinò superarono il Pil (60 trilioni di $ contro 58 trilioni di $) e quella che ne seguì fu una tempesta finanziaria che in 12 mesi spazzò via quasi metà del valore delle azioni.

Per non parlare di ciò che ha comportato questo fatto nel mondo dell'economia reale per le Comunità, per le Persone: negli Usa, ad esempio, tutt'ora abiamo 104 suicidi al giorno, in Italia 11. 

Sul fronte della circolazione regolare delle merci, presa a se stante, si registra la continua crescita della Cina e tra nemmeno 3 anni la differenza del Pil nominale di questo Paese con gli USA sarà ristretto a poco più di 1 trilione di $, rispetto ai 6,6 trilioni del 2015 (vedi tabella).

 

Classifica

Paese nel Mondo

Dati in ml $

Anno

Dati in ml $

Anno

 

 

Fonte FMI

Fonte FMI

1

Stati Uniti d’America

17 968 200

2015

17 418 925

2014

2

Cina

11 384 760

2015

10 380 380

2014

3

Giappone

  4 116 240

2015

  4 616 335

2014

4

Germania

  3 371 000

2015

  3 859 547

2014

5

Regno Unito

  2 864 900

2015

  2 945 146

2014

6

Francia

  2 422 650

2015

  2 846 889

2014

7

India

  2 182 580

2015

  2 049 501

2014

8

Italia

  1 819 050

2015

  2 147 952

2014

9

Brasile

  1 799 610

2015

  2 353 025

2014

10

Canada

  1 572 780

2015

  1 788 717

2014

 

 

 

 

 

 

 

Che tutto ciò vada stretto all’attuale Paese egemone, gli USA, è certo. Fino ad ora il dominio economico-finanziario l’ha aiutato a mantenersi “First in the Word”, ma non a casa sua dove un sesto della popolazione è drammaticamente sotto la soglia della povertà e l'1% detiene la ricchezza dell'atro 99%.

 


Per la legge della coperta corta, più ti copri i piedi planetari col libero mercato, meno ti copri le spalle casalinghe: in altre parole più avvantaggi, delocalizzando, i Paesi esteri in cui porti le tue fabbriche più danneggi sicurezza, redditi e posti di lavoro a casa tua. Se poi ci metti anche il carico da 11 dell’automazione tecnologica in piena libidine creativa, ecco che la distruzione sistematica dei posti di lavoro diventa un dato di fatto incontestabile e, lui sì, in crescita costante.

Ma la cosa da osservare è che il libero mercato, con i suoi accordi commerciali imposti e siglati WTO, va bene solo finché si è i numeri 1. Se si rischia a breve di diventare numeri 2, ecco che il libero mercato non va più bene. E poiché negli USA non ci si diverte a pettinare le bambole come qui da noi, ecco le contromosse presto attuate e dichiarate come primo indubitabile obiettivo.

Donald Trump: «difendere la Sovranità degli Stati Uniti» anche in campo commerciale perché «il congresso ha detto chiaramente che gli Americani non sono direttamente soggetti alle decisioni che prende il WTO».

Se non è chiaro, è stato anche scritto: «Ogni azione in campo commerciale sarà modellata a favorire la nostra economia». E questo, poiché anche i trattati WTO erano frutto dello stesso atteggiamento autoreferenziale pro-Usa, dovrebbe far riflettere circa la fuoriuscita dagli stessi dell’Amministrazione Trump.

La quale indica altri obiettivi: «per creare nuovi posti di lavoro, per promuovere la totale reciprocità con i nostri partner commerciali, per rendere più forte la nostra industria manifatturiera di base, per rafforzare la nostra abilità di difendere noi stessi».

Il primo e il terzo sono America first in casa propria, ma il secondo e il quarto sono America first in casa di tutti gli altri Paesi del Mondo. Il che sta a significare che la preoccupazione di perdere la leadership economica è condivisa anche dall’apparato politico-militare, e che c’è un’alleanza forte tra gruppi dominanti economici ed elementi militari, peraltro ben presenti nel Governo Trump.

 


Se dal punto di vista “solito” al massimo si parla di animosità di Donald Trump, del Presidente visto come un parvenù della politica mentre i suoi collaboratori sono capaci di evitare gli errori più grossolani, o che Questa non è l’America come scrive un sorpreso e seccato Alan Friedman, dal punto di vista strutturale tutto ciò è invece fortemente indicativo dei trend antisociali in atto per cause "strutturali".

Siamo nella Società gassosa dal 1970, dall’epoca dell’austerity che deprimeva i commerci reali e che scatenava i videogiochi virtuali di un potere finanziario globale predatorio che in pochissimi decenni ha conquistato il Pianeta.

Il Mercato è diventato il contenitore unico sociale di Cultura, Politica ed Economia, ma la trazione è economica: non più politica come in precedenza. Cosicché l’Economia con il libero mercato ha conquistato il Pianeta intero, e la Politica (Eserciti e Intelligence) ha eliminato con la forza delle armi gli ostacoli quando occorreva per promuovere gli interessi economici, e la Cultura (libertà di autodeterminazione dei popoli proclamata ai quattro venti) ha imposto la necessità di una democratizzazione degli interlocutori quando occorreva per promuovere gli interessi economici.

L’economista di Harvard Dani Rodrik, ne La globalizzazione intelligente parla della “trinità impossibile”, ossia che nello stesso tempo non possono coesistere Stati nazionali (Politica), libero Mercato (Economia) e democratizzazione (Cultura) senza che uno dei tre pilastri salti. 

Il buon Rodrik non immagina neppure che questa triplice contemporanea coesistenza è impossibile anche quando il contenitore strutturale è lo Stato: anche qui uno dei tre pilastri salta. E neppure è possibile quando il contenitore unico sociale strutturale è la Chesa o la Scuola: anche qui uno dei tre pilastri salta inevitabilmente.

E il problema della mancata convivenza costruttiva tra Economia, Politica e Cultura non dipende tanto dallo Stato incapace (classe politica non all’altezza, è vero) o dal Mercato arraffone (massimizzazione predatoria del valore dell’azione per l’azionista, è vero) quanto dalla monodimensionalità della strutturazione del sistema sociale a trazione tirannica monodimensionale (= strutturazione a 1D) che li giustifica  e se ne serve per preservare la propria autoreferenziale, e perciò antisociale e disumana, vita.

Sistema antisociale che è strutturato a 1 contenitore unico (il Mercato oggi) che rende l’Economia tirannica nei confronti di Politica e Cultura, e quindi tirannica vero Comunità, Persone e Territori, mentre per divenire sociale dovrebbe essere strutturato a 3 contenitori separati: uno per dimensione sociale.

Infatti in un sistema strutturato a 3D Libertà, Uguaglianza e Fraternità coesistono contemporaneamente e riacquistano la lettera maiuscola, ognuna operando nel suo contenitore specifico. E i fatti che stanno sfuggendo regolarmente di mano ai Governi e agli Azionisti delle Banche centrali che li pilotano reclamano a gran voce questo passaggio “strutturale” da un obsoleto sistema sociale a 1D ad un innovativo sistema sociale a 3D, tridimensionale.

Non essendo ancora maturi per vedere questa urgente necessità di ri-strutturazione del sistema sociale, che cosa ci aspetta? Che la coperta corta economico-politico-culturale porti ad un forte litigio tra la testa oggi in Estremoccidente e i piedi oggi in Estremoriente.

 

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