Punto & Virgola

Come superare il “dover lavorare per sopravvivere” che ci rende schiavi


04/07/2021

di Andrea di Furia

Quando si riesce a riflettere sulla nostra società (sul sistema economico politico culturale) e a non lasciarci trascinare da una quotidianità sempre più emergenziale, possiamo scoprire un fatto strano: il sistema sociale non è al servizio dell’uomo, bensì è vero il contrario.

Se però è l’uomo al servizio del sistema, e non viceversa, allora ci diventa più facile comprendere perché è un fatto naturale, matematico, che aumentino continuamente gli emarginati e non i serviti: aumenta l’abbandono della Scuola nella dimensione culturale (nel periodo storico in cui è massima l’offerta educativa-formativa), aumenta il ricatto dello Stato verso i suoi sudditi nella dimensione politica (nel periodo storico in cui è massima la rappresentatività politica), aumentano i poveri assoluti e relativi sul Territorio-ambiente (nel periodo storico in cui è massima la capacità di produrre ricchezza).

È un dato di fatto davvero strano: siamo nel periodo storico in cui è possibile garantire la massima libertà a ogni singola Persona nella dimensione culturale, la massima sicurezza sociale alla Comunità nella dimensione politica, la massima disponibilità di beni e servizi sul Territorio-ambiente nella dimensione economica… ma avviene esattamente l’opposto!

E non può essere diversamente, vista la confusione sociale causata da una struttura sociale obsoleta di sistema – adatta a tempi molto più antichi e meno evoluti della nostra attuale Società umana – che pone al servizio di una sola dimensione sociale le altre due.

Con ciò abbiamo l’istituto chiave della dimensione dominante (ad esempio lo Stato, quando domina la dimensione politica sulle altre due) che si comporta come il cassonetto dell’indifferenziata dei rifiuti urbani: come quest’ultimo raccoglie indifferenziatamente carta, plastica e umido così anche lo Stato del più evoluto Paese al mondo raccoglie ammassi indifferenziati economici, politici e culturali.

In questa situazione è facile che questi elementi si inquinino e corrompano reciprocamente, determinando commistioni innaturali tossiche. Tra le varie mescolanze tossiche esistenti, una di quelle che salta più facilmente all’occhio è proprio il fatto che si deve lavorare non per vivere una vita degna dell’uomo, bensì per sopravvivere: cosa che, di fatto, ci rende schiavi (non collaboratori o coautori) di chi ci offre il lavoro.

La cosa avviene oggettivamente: finché lavoro, modalità del lavoro e remunerazione del lavoro sono mescolati insieme producono il fumo tossico della schiavitù, il percolato inquinante dell’emarginazione.

E nello Stato unitario che fa la raccolta indifferenziata del sociale tridimensionale (politico, economico e culturale), ossia nel sistema sociale caratterizzabile come Società liquida a predominio politico le lotte del secolo scorso della Classe proletaria sono riuscite a estrarre dalla mescolanza tossica solo l’elemento intermedio: la modalità del lavoro (orari, sicurezza ecc.), che è stata regolata dalle leggi dello Stato.

E non c'è da meravigliarsi dato che la Società liquida politica capisce solo la Politica, non la Cultura né l’Economia: è la struttura unidimensionale stessa del sistema che impone questo risultato.


Neppure sorprende che in questa innaturale commistione il pensiero sociale sorto a tutela del Proletariato - ma ancora ignaro che per realizzare i propri ideali si deve passare ad un sistema sociale che pratica la raccolta differenziata di ciò che è Politica da ciò che è Economia e Cultura prima della conquista del potere politico - non se ne sia ancora accorto.

Se in fatti pensiamo ad un sistema che fa la raccolta differenziata del sociale tridimensionale, se pensiamo alla Società calorica tridimensionale, il tema lavoro-sopravvivenza-schiavitù si chiarisce molto: mentre nella Società liquida politica, lavoro, modalità del lavoro e produzione e remunerazione del lavoro sono un unico indistinto e maleodorante papocchio, nella Società calorica tridimensionale vengono compresi ognuno nella propria dimensione sociale e riferiti al proprio “focus dimensionale”.

Dimensione culturale: il lavoro è autorealizzazione che nasce dal punto di vista culturale e dovrebbe nascere solo dalla vocazione della singola Persona. Vocazione verso il lavoro che ci piace fare (e che faremmo anche gratis!), vocazione che può esprimersi correttamente per tutti, non solo per alcuni privilegiati, solamente quando il problema della sopravvivenza personale è stato risolto.

Dimensione politica: le modalità del lavoro sono l’elemento riferibile al rapporto di Comunità che si crea tra Lavoratore e Datore di lavoro (Stato o Privato che sia) e manifestano, nella Società calorica tridimensionale, la forza moderatrice sul piano della giustizia sociale da una parte verso la vocazione personale (affinché non sia dannosa agli altri) e dall’altra verso le prevaricazioni del Datore di lavoro (orari, sicurezza ecc.) venendo regolate dalle leggi dello Stato.

Dimensione economica: la produzione e la remunerazione del lavoro nascono dall’esigenza di soddisfare i bisogni del Territorio-ambiente ma mentre la prima (produzione) ha una valenza sociale, la seconda no: con la remunerazione diretta della prestazione lavorativa di fatto si legittima la schiavitù del Lavoratore verso il datore di lavoro (Stato o Privato che sia), e si impedisce l’autorealizzazione personale per “vocazione” e costringe ogni singola Persona a un lavoro qualsiasi pur di sopravvivere.

Ecco che ci si chiarisce un primo dato importante: la remunerazione diretta della prestazione lavorativa è ciò che rende antisociale il rapporto tra Datore di lavoro e Lavoratore perché asservisce il Lavoratore alle esigenze del Datore di lavoro: di fatto lo mantiene nella condizione del Servo della Gleba medievale, di fatto trasforma il lavoro in merce, di fatto trasforma il Lavoratore stesso in merce.

La soluzione va trovata nel raggiungere questo risultato: bisogna interrompere il rapporto diretto tra prestazione lavorativa dell’uomo e la sua remunerazione. Cosa impensabile in un sistema sociale che fa la raccolta indifferenziata del sociale tridimensionale (le tre possibili Società solida a predominio culturale, Società liquida a predominio politico, Società gassosa a predominio economico), cosa pensabilissima nel sistema sociale (Società calorica equilibrata, senza nessun predominio unidimensionale) che pratica la raccolta differenziata del sociale tridimensionale.

Dunque, la prima domanda è: Possiamo interrompere un rapporto diretto tra due elementi? Sì: lo abbiamo fatto egregiamente proprio nella dimensione economica. Fino a pochi secoli fa ognuno provvedeva al soddisfacimento dei propri bisogni: mi fabbricavo i vestiti che mi servivano, prima con pelli poi con tessuto. Oggi, invece, i vestiti che indosso me li fa un altro; tutte le merci che compro me le fa un altro. Con la moderna divisione del lavoro, economicamente più vantaggiosa per tutti (Produttori, Distributori, Consumatori), il rapporto diretto tra me e le merci che consumo è stato efficacemente e vantaggiosamente interrotto.

Pertanto, è pensabile interrompere vantaggiosamente il rapporto tra lavoro e remunerazione della prestazione lavorativa. E va da sé che in questa situazione andranno effettuate molte possibili variazioni alle dinamiche esistenti: cosa che spaventa i pigri e i routinari, ma doverosa per eliminare l’ultima e più subdola fattispecie di schiavitù rimasta dai tempi preistorici.




























                Intanto, grazie alla raccolta differenziata del sociale, le soluzioni possono trovarsi in ognuna delle tre dimensioni sociali:
riflessione che, appoggiandoci alla Piramide dei bisogni da soddisfare dell'uomo di Maslow, può aprire orizzonti fino ad ora offuscati dai miasmi tossici della raccolta indifferenziata del sociale.

Partiamo dalla dimensione economica: è tranquillamente ipotizzabile escludere la provenienza diretta dal Datore di lavoro della remunerazione. La logica di questa scelta innovativa deve nascere da esigenze economiche:

  1. sono enormi i risparmi possibili: si possono eliminare quasi tutte le pratiche formative motivazionali e i benefit usuali per incentivare l’attaccamento all’impresa e al lavoro, si riducono quasi tutti i costosi contrasti tra Datore di Lavoro e Lavoratore ecc.
  2. è il sogno di qualsiasi Capo di organizzazione economica avere Lavoratori (dipendenti o autonomi che siano) che collaborano a produrre merci e servizi perché hanno potuto scegliere il lavoro da fare secondo la propria inclinazione e vocazione (lavoratori che hanno voglia di fare, che non sono solo meri esecutori, che sono motivati e desiderosi di aggiornarsi ecc.)

Economicamente, dunque, 1) è una scelta saggia, e dev’essere perseguita la situazione 2) in cui il Lavoratore scelga di collaborare per “vocazione” e perciò da parte della dimensione economica va risolto per ognuno di noi, della piramide di Maslow, almeno il primo gradino: la soddisfazione di bisogni primari (fame, sete, riparo ecc.). Altrimenti la necessità di sopravvivenza uccide qualsiasi vocazione economica.

Per le caratteristiche economico-utilitaristiche in cui va esercitata questa dimensione, quindi sarà un Istituto economico apposito a cui il Datore di lavoro versa sia quanto deve al lavoratore, sia la quota parte che deve perché venga risolto il problema della sopravvivenza alle generazioni presenti e future.

Naturalmente, poiché la dimensione economica si accolla funzioni di base che oggi esercita la dimensione politica attraverso le tasse, ecco che queste vanno conseguentemente eliminate dalle attività economiche.

Per la dimensione economica provvedere direttamente alla sopravvivenza dei bisogni essenziali della popolazione è sicuramente molto meno costoso che lasciare questa incombenza ad uno Stato che, per ottenere risultati sicuramente meno impattanti spreca i denari delle tasse, istituisce costosissimi carrozzoni statali, si esibisce in cancerose burocratizzazioni che aggravano il problema e non lo risolvono.

Seguitiamo con la dimensione politica: anche qui è ipotizzabile escludere la provenienza diretta dal Datore di lavoro della remunerazione. Ma la logica della scelta innovativa di sottoporre alla legislazione statale la rottura del rapporto tra lavoro e remunerazione qui deve nascere da esigenze di giustizia sociale:

  1. la prima regola del patto tra uomo e uomo nella Comunità giuridica è l’uguaglianza dei diritti e dei doveri. Fuori di essa l’uomo deve provvedere da sé a tutte le sue esigenze, dentro la Comunità sociale è questa stessa che deve provvedere ai bisogni di sicurezza di ogni suo membro: e all’interno di questa ampia categoria (che raggruppa anche il secondo gradino della Piramide di Maslow) troviamo ricompreso il bisogno di garantire la sicurezza minima, il soddisfacimento dei bisogni primari, come protezione del diritto alla vita che ha ogni membro della Comunità nazionale: altrimenti a che serve una Comunità?
  2. fino ad ora lo Stato ha provato a muoversi in senso assistenziale, ma non riuscendo a garantire a tutti (dalla culla alla bara) quello che è un suo obbligo sociale fondante e vitale: il diritto alla vita di ogni membro della Comunità sociale. E per tentare soluzioni parziali e settoriali, che spesso aggravano il problema, ha caricato di tasse le imprese con il risultato di aumentare i costi di merci e servizi: danneggiando così proprio quelli che tenta di assistere.


Qui si evidenzia che lo Stato commette un errore economico ingiusto per le generazioni presenti e future... giustificandolo come un atto di giustizia per le classi più deboli. Anche la Patrimoniale per la Scuola di Enrico Letta va nella medesima direzione. Un atto astrattamente giusto, ma che contribuisce ingiustamente ad aggravare il costo della vita a tutti: perché quel prelievo si scaricherà sui costi di merci e servizi facendo aumentare gli emarginati e riducendo la quota dei serviti.

Emarginati che, non trovando nello Stato quel supporto minimo di cui hanno bisogno, possono trovarlo nella Criminalità organizzata: di fatto rendendola inattaccabile da uno Stato con evidente “senso di colpa”!

Come risolvere questo errore antisociale, con tutte le conseguenze negative che si sono sommate nell’ultimo secolo? Una risposta molto interessante e completa ci è venuta da Nicolò Giuseppe Bellia, recentemente scomparso, che individua nell’errata localizzazione delle tasse su merci e redditi uno dei punti dolenti dell'attuale problema soiciale.

Per Bellia basta rinunciare a qualsiasi tassa sulle attività economiche/sui redditi e spostare il prelievo statale sulla massa monetaria (M0, M1, M2, M3): una quota parte del denaro va destinato sia al “compenso sociale” vita natural durante per ogni Cittadino (a risoluzione dei suoi bisogni primari di sopravvivenza come “diritto alla vita”), sia alle esigenze operative (estremamente ridotte, rispetto a quelle bulimiche attuali) dello Stato stesso.

Esigenze statali che vanno pertanto ridotte al mero àmbito della dimensione giuridico-poltica, rinunciando a invadere sia la dimensione economico-finanziaria, sia la dimensione culturale educativa: cosa che ne favorisce indebito gigantismo, corruzione e sprechi.

Come si vede tutt’altra cosa rispetto al gracile Reddito di cittadinanza del Movimento5Stelle (limitato nel target, e temporaneo in vista del lavoro, ma che rischia di creare un’altra casta di privilegiati-assistiti, e che è solo settoriale non raggiungendo l’intera Popolazione): reddito che essendo ricavato da un aumento delle tasse (o da un aumento del debito pubblico, che è similmente un atto sociale negativo) aggrava i costi delle merci e dei servizi e aumenta l’inflazione: ovvero - come qualsiasi altra tassa diretta e indiretta, o come qualsiasi prestito a debito che va al di là delle necessità economiche reali - fa continuamente diminuire il potere d’acquisto del denaro e aumenta il debito pubblico. E' il cane che si morde antisocialmente la coda.

Finiamo con la dimensione culturale: qui solo il fatto che ogni nuovo nato, ogni Persona singola, fa parte dell’intera Umanità dovrebbe far nascere il riconoscimento che sua proprietà condivisa con tutti è quota parte della Terra intera. Da questo sano pensiero sociale del diritto di proprietà pro quota deriva il riconoscimento ai nullatenenti di una quota parte dei prodotti del Pianeta come “reddito di Vita” per l’affrancamento dai bisogni primari.

E questo, in un sistema al servizio dell’Uomo come è la Società calorica equilibrata che fa la raccolta differenziata del sociale tridimensionale, se dal punto di vista culturale è il minimo sindacale che si possa fare per l’Uomo, è anche giustificato economicamente e politicamente:

  1. ogni Persona singola è come minimo un Consumatore dalla culla alla bara, e può diventare Produttore, Distributore se ne ha la “vocazione” economica: contribuisce comunque al PIL e allo sviluppo economico del Paese, e riduce i costi della produzione richiedendo meno compenso da aggiungere al “reddito di Vita” per soddisfare i restanti livelli della Piramide di Maslow (appartenenza, stima, autorealizzazione).
  2. ogni membro della Comunità nazionale parte così da un livello che lo rende immune al massimo grado sia alle sirene della malavita organizzata, sia alle sirene dei privilegi castali e del potere politico: contribuisce alla coesione sociale nel Paese e riduce l’àmbito di impegno dello Stato (che non è più all’affannosa ricerca di denaro per tamponare malamente la situazione, come accade ora, cosa che danneggia tutti facendo diminuire il potere d’acquisto del denaro e aumentando il debito pubblico)

Come si vede il problema sociale viene molto meglio gestito se la remunerazione del lavoro viene staccata dalla produzione di merci e servizi. Può essere variamente risolto a seconda del punto di vista dimensionale preferito, richiede una diversa organizzazione delle tre dimensioni sociali che a sua volta richiede l’istituzione di un sistema sociale che faccia la raccolta differenziata del sociale tridimensionale: economico nel contenitore Mercato; politico nel contenitore Stato, culturale nel contenitore Scuola.

L’esperienza ha dimostrato negli ultimi tre secoli che né la Società solida nobiliare pre-Rivoluzione francese, né la Società liquida borghese risorgimentale post-Rivoluzione francese che l’ha sostituita, né l’attuale Società gassosa mercantile globale sono state in grado di risolvere il problema di sopravvivenza dei propri assistiti.

Va con coraggio capito che ogni soluzione proposta vigendo il contenitore dell’indifferenziata sociale è irrealizzabile. Mentre può essere realizzata cambiando mente: dando un taglio deciso ai preistorici pensieri sociali che, al netto delle meraviglie tecnologiche, perdurano molestandoci sempre più la vita coll'instaurare il sistema che fa la raccolta differenziata del sociale tridimensionale che ci rende chiara e condivisibile, per ogni dimensione sociale, la sua soluzione concreta.

Cosa essenziale, la tri-strutturazione del sitema sociale, come abbiamo visto trattando in modo concreto della liberazione dell’Uomo dalla schiavitù di dover lavorare per sopravvivere, e con sempre meno tutele sociali perché costano sempre più care.

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