Prima pagina

Trump rilancia la linea dura

Nel mirino le basi dei narcos in Venezuela


03/11/2025

di Marco Ricci


L’escalation tra Stati Uniti e Venezuela ha assunto nelle ultime settimane toni sempre più tesi, con l’ex presidente Donald Trump che ha rilanciato la sua intenzione di colpire le basi dei narcotrafficanti in territorio venezuelano, citando il gruppo criminale Tren de Aragua come principale minaccia alla sicurezza degli Stati Uniti. Nato all’interno della prigione di Tocorón, nello stato di Aragua, il Tren de Aragua è divenuto nel tempo un’organizzazione transnazionale capace di espandere le proprie attività ben oltre i confini venezuelani. Guidato da Héctor Rusthenford Guerrero Flores, conosciuto come “Niño Guerrero”, il gruppo ha costruito un impero criminale fondato su traffico di droga, estorsione, sfruttamento sessuale e traffico di esseri umani. Secondo le analisi di diverse fonti investigative, le sue ramificazioni raggiungono oggi paesi come Perù, Cile, Colombia e Messico, mentre la presenza negli Stati Uniti, pur ritenuta limitata, è stata spesso al centro di dibattiti politici interni e campagne mediatiche.
Trump, che durante il suo mandato aveva più volte citato il Tren de Aragua per giustificare il rafforzamento dei controlli alle frontiere e le espulsioni di immigrati venezuelani sospettati di appartenere al gruppo, ha sostenuto che la minaccia non riguarda solo la droga, ma anche il traffico di armi e la destabilizzazione dell’ordine regionale. Negli ultimi mesi, il Dipartimento di Giustizia ha incriminato decine di individui legati all’organizzazione per reati che spaziano dal narcotraffico allo sfruttamento sessuale. Un episodio in particolare, l’attacco statunitense a un’imbarcazione al largo delle coste venezuelane accusata di trasportare droga per conto del Tren de Aragua, ha suscitato polemiche internazionali sulla legittimità dell’operazione, alimentando accuse di violazione della sovranità venezuelana.
Il presidente Nicolás Maduro ha reagito duramente, denunciando quella che considera un’aggressione diretta da parte degli Stati Uniti. Di fronte al rischio di un’escalation, Caracas ha chiesto sostegno militare a Mosca e a Pechino, inviando lettere ufficiali in cui si richiede assistenza tecnica, sistemi radar, missili e supporto logistico. Nel tentativo di dimostrare forza e capacità di deterrenza, Maduro ha annunciato che il Venezuela possiede “oltre 5.000 missili Igla-S”, un messaggio indirizzato tanto a Washington quanto alla comunità internazionale.
La Russia, da parte sua, ha espresso “fermo sostegno” al governo venezuelano, condannando l’uso “eccessivo della forza” da parte degli Stati Uniti e ribadendo l’importanza dell’alleanza strategica con Caracas. Lo scenario che si delinea è quello di un conflitto a più livelli: da un lato, la lotta al crimine transnazionale e alle reti di narcotraffico che realmente minacciano la stabilità della regione; dall’altro, la competizione geopolitica tra Washington e Mosca per l’influenza in Sud America. Il Tren de Aragua diventa così il fulcro di una narrazione duplice: per gli Stati Uniti è la prova del legame tra criminalità e instabilità migratoria, per il Venezuela un pretesto utile a denunciare l’ingerenza straniera e rafforzare il blocco politico interno.
In un contesto in cui criminalità, migrazione e geopolitica si intrecciano, la tensione tra Trump e Maduro non appare solo come un episodio isolato di politica di sicurezza, ma come il riflesso di una più ampia contesa sul controllo delle rotte, delle risorse e della percezione pubblica globale. La vera posta in gioco, più che la neutralizzazione del Tren de Aragua, sembra essere la ridefinizione degli equilibri di potere nel continente americano.

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