L'Editoriale

Le troppe cose che non vanno in un Paese che si considera (quasi) normale

Proviamo a rifletterci: come la mettiamo - in un contesto di insofferenza pandemica montante - con burocrazia, evasione, Pa, malapolitica, scuola, pressapochismo?


03/05/2021

di MAURO CASTELLI

Nessuno ce ne voglia se raccontiamo briciole di verità legate ai vecchi e ai nuovi mali che ci affliggono. Magari prendendo di mira una maggioranza di Governo che si mette a litigare per un’ora in più o in meno di coprifuoco, senza rendersi conto che i problemi sono ben altri; mandando a quel paese quella pletora di no-vax che fa di tutto per far arrabbiare chi, causa Covid-19, ha rischiato o sta rischiando la vita; oppure prendendocela con chi, sino a ieri, voleva ripartire con le lezioni in presenza e oggi se ne inventa di tutti i colori per lamentarsi e blaterare a sproposito. 
E che dire, se non tutto il male possibile, di quell’esercito di italiani che si è messo in nota per essere vaccinato e non si fa vedere in postazione (senza nemmeno avere la cortesia di avvertire) perché non gradisce l’AstraZeneca? E come non stigmatizzare, per contro, i furbetti del vaccino che hanno trovato proseliti in tutte le categorie a discapito di che ne aveva (e ne ha) realmente bisogno? 
Inoltre vogliamo forse dimenticarci della scampagnate violente senza protezione (in piazza o attraverso inaccettabili blocchi autostradali) dei ristoratori, degli ambulanti e dei negozianti che, autorizzati a tirar su le loro saracinesche, ora vorrebbero vedere le code davanti ai negozi per fare acquisti? Come se, anche in questo caso, fosse tutta colpa della politica (che di colpe, lo sappiamo, ne ha comunque davvero tante) e non delle preoccupazioni della gente per un drammatico contesto dal quale sembriamo non uscirne più. 
Certo, la situazione non induce all’ottimismo, tutt’altro. E gli italiani - stressati da oltre un anno di restrizioni - hanno le loro buone ragioni per lamentarsi in un ambito di insofferenza montante. Ma c’è modo e modo. Non è infatti trasgredendo le regole, non indossando la mascherina, lanciando bombe molotov contro i centri vaccinali, prendendosela con questo o con quello in maniera violenta che si possono risolvere i problemi. 
Oltre tutto il Paese si trova a dover fronteggiare una crisi economica epocale, gravata non solo dai condizionamenti pandemici tamponati a suon di debiti (che prima o poi dovranno essere onorati), ma anche dai mali storici che ci accompagnano da una vita. 
Ovvero una pubblica amministrazione, vecchia e bolsa, che funziona a scappamento ridotto; il vizio atavico della burocrazia che, complice una poltrona per tutti, finisce per rallentare se non bloccare del tutto iniziative indispensabili; una digitalizzazione che segna il passo, con il mare di conseguenze negative che sono sotto gli occhi di tutti; il pressapochismo della gente che, per partito preso, scende in piazza per protestare (anche violentemente) contro le grandi opere, quelle che possono garantire posti di lavoro in abbinata a un futuro. 
Ma chissenefrega. Salvo poi osannare, come se niente fosse successo, l’alta velocità ferroviaria (che ora rappresenta un nostro punto di forza), l’immagine nel mondo che ci ha procurato la tanto bistrattata Expo di Milano, il ruolo del Mose nella salvaguardia di Venezia e via dicendo. Sino ad arrivare, per non farci mancare nulla, alle contestazioni legate all’apertura dell’ospedale Covid-19 alla Fiera di Milano. Che sino all’altro ieri erano solo quattrini buttati al vento (non i loro, ovvio, semmai quelli degli elargitori), che ha invece rappresentato una boccata di ossigeno per le altre strutture ospedaliere meneghine e non solo. 
Ma allora - viene da chiedersi - dove sono andati a finire questi contestatori della mutua, pronti a rompere le scatole solo per mettersi in evidenza, salvo poi nascondersi dietro il paravento dei senza vergogna?   
E vogliamo aggiungerci, già che ci siamo, i girotondi di una litigiosa politica, sempre pronta a guardare agli interessi personali o di partito piuttosto che farsi carico delle vere esigenze del Paese? Magari cercando di sperperare un patrimonio, rappresentato dal nuovo presidente del Consiglio, che fortunatamente troviamo in sella con l’avallo anche delle maggiori istituzioni internazionali. Patrimonio che si è tradotto in un passo avanti per la nostra bistrattata credibilità. Allora, cari signori, se non vogliamo andare a ramengo cercate almeno di salvare il… soldato Draghi.  

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