L'Editoriale

I troppi eroi dimenticati della battaglia al Covid-19

Sottopagati, costretti a turni insostenibili, medici e infermieri sono stati vittime, prima ancora del virus, dell’indifferenza di chi ci governa


01/06/2020

di MAURO CASTELLI

Nonostante le tante promesse, gli operatori ospedalieri e sanitari - medici, rianimatori, virologi, infermieri, lettighieri e via dicendo - sembrano, con il calare dei contagi, già essere stati dimenticati. Senza alcun riconoscimento economico a loro favore, che peraltro non avrebbe rappresentato una panacea, ma quanto meno un attestato al loro insostituibile e pericoloso lavoro. Di fatto stiamo parlando di un piccolo esercito di uomini e donne - spesso mal protetti, senza camici e mascherine a norma - mandati allo sbaraglio nei giorni più caldi della pandemia. Dipendenti dello Stato, cosa peraltro non trascurabile, per di più sottopagati. 
Eppure sino all’altro ieri, investiti dalla retorica dell’emergenza, queste persone (perché di persone si tratta) venivano considerate eroi. E tali in effetti lo erano e lo sono ancora, avendo pagato spesso con la vita la loro battaglia contro il Coronavirus. Vittime della pandemia, certo, ma anche dell’insipienza, dell’indifferenza e della superficialità di chi ci governa. Dove in troppi blaterano a vanvera e in pochi dimostrano coerenza. 
Cos’è successo è sotto gli occhi di tutti. Dopo tante belle promesse di un riconoscimento economico, i nostri ex eroi sono stati dimenticati da questo Esecutivo pasticcione e litigioso che (in abbinata ad alcune Regioni, a fronte di un antipatico rimpallo di responsabilità) male ha affrontato l’emergenza. 
Detto questo non possiamo sottacere le difficoltà incontrate. Bisogna infatti riconoscere, al di là della colorazione politica, che quando ci si trova a fronteggiare un pericoloso nemico del quale non si sa nulla, comunque ci si muova si finisce per sbagliare. Quel che però indispone è la mancanza di capacità di fare squadra, di affrontare il “nemico” a ranghi compatti. Perché il merito non deve essere spartito, l’insuccesso invece sì. Così, per pararsi le terga, sono state messe in campo squadre di esperti che tali in realtà - visti i risultati - non si sono dimostrati. Il motivo? Semplicissimo. La paura di perdere voti, poltrone, potere. E non regalare ad altri la condivisione dei successi conseguiti. 
E dire che - e qui torniamo al dunque - i proclami buonisti c’erano stati. Subito mille euro agli infermieri e duemila ai medici. Poi rafforzeremo il personale e le risorse necessarie al Servizio sanitario nazionale. Belle parole, quelle del ministro Speranza (un cognome che peraltro è tutto un programma), alle quali ci auguriamo seguano i fatti, visto che negli ultimi dieci anni, ad esempio, ai medici sono stati scippati 37 miliardi di euro. Questo mentre cifre altrettanto ingenti sono state sprecate in strutture mai aperte, ospedali fantasma, costose attrezzature mai utilizzate… 
Non dimentichiamoci, inoltre, che finanziare la salute non significa sprecare. Semmai è necessario capire dove andranno a finire i quattrini, così come risulta necessario mettere il naso, letteralmente, negli ospedali che lasciano a desiderare. Dove spesso i conti risultano paurosamente in rosso per gli sprechi e l’inettitudine dei dirigenti. La qual cosa porta a prosperare alla grande la sanità privata. Anche perché, ad esempio, non ci può permettere mesi e mesi di attesa magari per un esame urgente. Tanto è vero che un italiano su tre paga di tasca propria certe spese sanitarie. 
Tutto questo - ci mancherebbe - evitando abusi e soprusi, controllando gli sperperi, non lasciandosi andare all’utilizzo incontrollato di farmaci inutili, quelli che non portano a reali benefici (addirittura la metà del totale, secondo l’autorevole scienziato e farmacologo Silvio Garattini). Magno cum gaudio per i conti delle società farmaceutiche. Perché se è vero che la Sanità ci salva la vita, viene anche da domandarsi: chi salverà la Sanità dagli approfittatori di turno?

(riproduzione riservata)