Punto & Virgola

Destrutturazione sociale o strutturazione sociale?

Due concetti chiave per chi vuole risanare il sistema


19/02/2017

di Andrea di Furia

Con le considerazioni odierne vorrei tentare di integrare il lucido intervento di Paolo Mastromo su questa testata – Il problema non è il debito: il-problema è che il mondo è purtroppo pieno di poveri – provando a rispondere alla sua domanda finale: “Chi ce lo fa fare di continuare ad alimentare un modo di lavorare e di produrre che tiene in miseria metà dell’umanità (e magari, dato il numero, qualcuno di questi miseri lo conosciamo anche noi) a favore di poche decine di persone con le quali non abbiamo alcuna relazione? Chi troverà la soluzione?”.

E la soluzione può essere trovata - anzi la soluzione già c’è - ma soltanto se consideriamo fino in fondo la frase con cui Mastromo conclude: “La sfida è aperta: è da qua che passa il futuro, non da chi vince le prossime elezioni”.

Frase che va portata perciò alle sue estreme conseguenze: se la soluzione non la trova chi vince alle prossime elezioni, vuol dire che non la trova neppure nessun programma di Partito. Di più: non la trova nessuna azione sul piano culturale, politico ed economico (pratica o ideale che sia) escogitata dalla bacchetta magica di un Tizio o di un gruppo qualsiasi.

Come storicamente dimostrato negli ultimi 2 secoli, ognuna di quelle sopracitate azioni è fallita. Attuate sul piano culturale, politico ed economico hanno generato il mondo malato di oggi a inizio terzo millennio che, come rileva Mastromo, ha concretizzato: “un modo di lavorare e di produrre che tiene in miseria metà dell’umanità a favore di poche decine di persone con le quali non abbiamo alcuna relazione”.

Come è potuto accadere tutto ciò? Senza che ce ne siamo accorti elezioni, programmi, idee e iniziative culturali, politiche ed economiche rientrano nell’alveo della “destrutturazione sociale”, mentre la soluzione agognata (non solo da Mastromo) rientra nell’alveo della “strutturazione sociale”.

Il problema di base è che l’Umanità moderna non possiede il concetto di “strutturazione sociale” e vive e nota soltanto le cause e gli effetti della quotidiana “destrutturazione sociale”.

Diversità basilare, questa, che va capita una buona volta. Perché illudendoci nel ricercare la soluzione dei problemi che ci attanagliano nel mondo della “destrutturazione sociale” non facciamo altro che peggiorare la situazione esistente e diamo vita sempre più al caos: di cui solo pochi possono avvantaggiarsi.

E per forza di cose non si trova soluzione alcuna, in quanto questa giace oggi nel mondo della “strutturazione sociale” di cui abbiamo più volte rilevato le dinamiche inosservate.

E per capire la parte inosservata del sistema attuale, ossia le vicende relative alla sua “strutturazione”, non basta rivolgersi agli ultimi due secoli – periodo sufficiente a percepire invece gli effetti della sua crescente “destrutturazione” – si deve risalire piuttosto indietro di circa 7.000 anni, all’epoca degli Egizi.

Come mai tanto lontano nel tempo? Perché in questi 7 millenni la “strutturazione sociale” sostanzialmente non è mai cambiata: è sempre rimasta, dal punto di vista dimensionale, centralizzata! O come altrimenti l'ho definita: monodimensionale o "a 1D".

Infatti, salvo rarissime eccezioni - ne osserveremo una la prossima volta - strutturalmente c’è sempre stata 1 Dimensione sociale che ha dominato le altre due: quella culturale-religiosa dall’epoca degli Egizi; quella politico-burocratica in particolare negli ultimi due secoli; quella economico-finanziaria proprio adesso: a inizio terzo millennio.

Indipendentemente dalla dimensione sociale che ci è più simpatica, indipendentemente da quale sia il dominio dimensionale che viene centralizzato e finisce così per dominare gli altri due, indipendentemente dal fatto che poi si realizzi l'unilateralità dogmatico-culturale, o quella ideologico-politica, o quella utilitaristico-economica... il singolo individuo viene sempre esiliato alla disperante periferia del sistema.

 


Storicamente, “dominante” unilaterale e centralizzata è sempre e solo una delle tre dimensioni. E, pur nelle sue 3 varianti, sempre questa monodimensionalità ha caratterizzato la “strutturazione sociale” del sistema fino ai nostri giorni.

Dal punto di vista strutturale, siamo sempre rimasti, senza osservarlo, in un preistorico sistema sociale: a “1D” da 7 millenni. Il che ha favorito il canceroso progrediente e inarrestabile dilatarsi del mondo della “destrutturazione sociale” (Democrazie illusorie, Programmi di partito inattuabili, Idee farlocche in ambito culturale, politico ed economico) assai ben caratterizzato dall’immagine di Bauman della Società liquida odierna, che ha preso il posto della solida società precedente.

Se si afferra questo, la ricomparsa dei populismi e dei Trump, le migrazioni epocali e il collasso delle Città post-moderne, gli speculatori Alfa come Buffet e Soros e l’impoverimento crescente dell’umanità lamentato da Mastromo non devono sorprendere: essendo solo l’inevitabile incancrenirsi negativo di un sistema occidentale oggi unilateralmente dominato dal Mercato e ormai sfuggito a qualsiasi controllo umano.

Se il sistema attuale è strutturato “a 1D”, è unilaterale e centralizzato - al di là di colpe di Popoli e di singoli uomini che nel tempo e nello spazio si posizionano in esso - allora esso stesso è causa del caos sociale del presente. E se la soluzione non la si trova nel mondo degli uomini e dei Popoli, nel mondo delle elezioni, dei programmi di Partito, delle idee gigie culturali, politiche ed economiche perché continuare inutilmente a incaponirsi nel ricercarla sempre lì?

Cerchiamo allora la soluzione, concretamente, nel mondo della “strutturazione sociale”. E in quest’ambito, ancora scarsamente osservato dalla sociologia, la soluzione già c’è: occorre preliminarmente strutturare in modo diverso il sistema sociale. Solo dopo questo atto basilare le varie inizative possono funzionare e cessare di ritorcersi contro chi le propone.

Da un sistema sociale squilibrato e malsano proprio perché strutturato “a 1D” dominante sulle altre due – in sostanza è questo l’unico appartamento, come dice Galbraith, in cui continuiamo ad accatastare di tutto (attività economiche, politiche e culturali in progressione geometrica) promuovendo costantemente disordini e caos – occorre passare ad un sistema sociale equilibrato e sano proprio perché strutturato “a 3D” autonome e parimenti discrezionali.

E soltanto quella “tridimensionale” è la strutturazione del sistema oggi necessaria a concretizzare le soluzioni per un mondo migliore e più a misura di essere umano cui tutti anelano. Perché le sottrae al mondo della destrutturazione sociale.

 

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