Come rovinarsi la vita sociale (economica, politica, culturale)
21/04/2024
di Andrea di Furia
“Istruzioni per rendersi infelici” è un libro molto conosciuto da chi si occupa dell’educazione degli adulti, scritto da Paul Watzlawick (1921-2007), psicologo e filosofo austriaco che lavorò a lungo al Mental Research Institute di Palo Alto, in California.
Rovinarsi la vita è uno sport molto diffuso, tra gli esseri umani attuali, e ciascuno di noi potrebbe raccontare moltissimi aneddoti, specialmente tratti dalle nostre relazioni quotidiane con chi ci sta vicino che per inseguire la felicità… si rende infelice.
Per rispetto della privacy, delle nostre amiche e dei nostri amici, vale la pena sintetizzare con parole nostre un suo esempio, per un certo verso esilarante, che si è impresso nella nostra mente oltre mezzo secolo fa, tratto da quel saggio come se ce lo raccontasse lui oggi:
Paul Watzlawick: «Per il compleanno del marito, la moglie sceglie entusiasta due belle cravatte. Lui, altrettanto entusiasta, ne sceglie una per uscire sùbito a festeggiare e si presenta raggiante alla consorte vestito di tutto punto. Invece del complimento atteso, la moglie lo apostrofa dispiaciuta: “Come, l’altra non ti è piaciuta?”».
Purtroppo, questo approccio alla vita non si ferma qui, ma viene anche trasposto automaticamente nell’organismo sociale tridimensionale (economico, politico, culturale) a causa della sua malsana struttura UNIdimensionale: che si configura inevitabilmente quando una delle 3 dimensioni sociali domina le altre 2 e ne vampirizza le energie, a suo uso e consumo.
Cosa che si nota molto bene ora che l’Economia mondiale domina Politica e Cultura, cosa che si nota molto bene ora in Afghanistan dove la Cultura talebana domina Politica ed Economia, cosa che si è notata molto meno bene quando la Politica italiana dominava Economia e Cultura.
Purtroppo, inseguendo oltre a quella individuale del singolo individuo anche una felicità sociale italiana (limitiamoci dalla nascita delle Repubblica italiana in poi), il risultato lo abbiamo sotto gli occhi perché si è prodotta un’infelicità sociale al cubo:
- Infelicità culturale delle Persone (spaventate e ansiose, private di una visione del futuro)
- Infelicità politica della Comunità nazionale (allo sbando e in disgregazione, privata della capacità di partecipazione ad una missione condivisa)
- Infelicità economica sul Territorio-ambiente (reso infecondo e ostile alla vita locale, preda degli azionisti internazionali che si trastullano ‘giocando’ nelle Borse valori mondiali)
Tutto per inseguire una felicità sociale ideologica (di destra, centro, sinistra – di centrosinistra, centrodestra – oltre alla destra e oltre alla sinistra) su cui hanno surfato da decenni i furbetti del partitino, trasformando questa ingenuità in azioni governative di “circonvenzione d’incapace” con contorno di pubblicità progresso per ottenere il consenso “a lasciar operare i manovratori”: rendendoli onnipotenti, incontrollabili e, soprattutto, irresponsabili di ogni loro malefatta sociale tridimensionale (economica, politica, culturale).
Adesso che l’Italia si va trasformando da una pseudo-democrazia qual era- se infatti domina la Politica su tutto si può avere solo una democrazia “tutta chiacchiere e distintivo” (dunque, solo formale), mentre si instaura una concreta oligarchia dittatoriale - a una vera e propria Econocrazia (in cui domina l’Economia su Politica e Cultura), diventiamo vittime di una felicità sociale utilitaristica che siamo obbligati a perseguire dietro la carota virtuale irraggiungibile della “crescita continua” (l’incubo neoliberista generato dalla favola bella che ci hanno raccontato da più di un secolo: quella del “libero” Mercato.
Dietro la sirena della felicità del “libero Mercato” (quello che sta dietro alle vaccinazioni preventive dalla culla alla bara e alle due guerre fresche di decennio in Ucraina e in Palestina), come Territorio abbiamo perduto la guerra contro la cementificazione selvaggia, come Comunità abbiamo perduto la “mission” dell’Italia nel mondo (surrogata dai punti da rispettare del recovery fund), come Persone abbiamo perduto tutto: non siamo più liberi di curarci, non abbiamo più libertà di parola, non siamo più liberi di dissentire (si diventa qualunquisti, disfattisti, terrapiattisti, complottisti, catastrofisti) dalle malefatte dei vari Governi (che ci appaiono sempre più fancazzisti), non siamo più liberi di essere contrari alle guerre promosse dal Polifemo americano (diventiamo filoputiniani se all’Europa schiava di Washington e della zombi-Nato preferiamo un’Europa autonoma e in armonia con la Russia; diventiamo filoahamas se riteniamo un tantinello eccessive le oltre 34.000 vittime palestinesi a maggioranza donne e bambini, se siamo contrari all’astutissimo rallentamento degli aiuti umanitari per far intervenire direttamente la natura da parte del Governo delle pompe funebri israeliane.
Ancora una volta, queste osservazioni non sono fatte per provocare audience, produrre odio e indignazione verso gli Israeliani o gli Americani che, a grande maggioranza ritengo, sono inorriditi molto più di noi da quanto disumani si si stanno rivelando i rispettivi governi e le rispettive Élite al potere.
Ancora una volta indichiamo che la causa di questa deriva disumana antisociale è dovuta non alle migliaia di concause come ci raccontano sociologi e commentatori, ma da una sola “causa originaria”: ed è questa che va corretta perché, come per i Papi, “morta una Nato bellicosa se ne fa un’altra”, “morto un Governo criminale se ne fa un altro”: questi casi, nei due secoli appena passati, sono molteplici e ricorrenti.
La situazione sociale malsana da correggere, come rammentiamo in ogni nostro intervento, non è la ricerca delle felicità in Europa o in Palestina o in una qualsiasi altra parte del mondo (Italia compresa): è malata la relazione tra le tre relazioni, per sanarla dobbiamo renderla sinergica: non solo nella testa delle persone, ma anche nel sociale concreto con una legge (in Italia del Parlamento) che istituisce la separazione di tutto ciò che è funzionale alla Cultura e alla Persona singola (in sintesi estrema alla Scuola) da tutto ciò che è funzionale alla Politica e alla Comunità (in sintesi estrema allo Stato) e naturalmente anche da tutto ciò che è funzionale all’Economia e al Territorio (in sintesi estrema al Mercato).
Oggi la relazione tra le tre dimensioni sociali è paragonabile a quella che rifiuti urbani come Vetro Plastica e Carta hanno in una discarica dell’indifferenziata: si mescolano, si degradano e diventano tossici per le Persone.
Allo stesso modo Cultura, Politica ed Economia si mescolano, si degradano e diventano tossiche per la Società umana spezzettandosi in una miriade di “rifiuti sociali economici, politici e culturali” (come le diseguaglianze sociali, la burocrazia, l’integralismo ecc.) che vengono raccolti a montagne nella discarica dell’indifferenziata Mercato (se domina l’Economia), nella discarica dell’indifferenziata Stato (se domina la Politica), nella discarica dell’indifferenziata Scuola (Chiesa, nei Paesi religiosi).
Da una tossica relazione parassitaria UNIdimensionale antisociale (e non fa differenzia quale dimensione sociale vada al dominio delle altre due, e la cui persistenza ci sta rovinando la vita sociale), dobbiamo passare ad una sana relazione sinergica TRIdimensionale in cui, finalmente, la Scuola è libera dall’invasione indebita di Politica ed Economia.
Solo differenziando Scuola, Stato e Mercato cesseremo di auto-rovinarci la vita sociale.
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